A pochi giorni dalla partenza dell’Alfa Revival 2024, vediamo com’è fatta e come va l’assoluta protagonista della serie: l’Alfa Romeo GTAm 2.0 Gruppo 2. Nello specifico quella Alfa Delta, che la scorsa stagione ha primeggiato nella categoria. Dopo averne scoperto i dettagli più intimi nell’officina di Marnate, illustrati da Roberto Restelli, l’abbiamo provata sul circuito Tazio Nuvolari di Cervesina (Guarda il video).

Di Eugenio Mosca – Foto di Massimo Campi

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Giunta alla sua 13.ma edizione l’Alfa Revival Cup, la serie dedicata ai Biscioni da corsa costruiti tra il 1947 e il 1981, ha visto crescere notevolmente il livello di competitività, tanto che nelle ultime stagioni per poter puntare alla vittoria assoluta in gara è necessario poter disporre di una GTAm 2000 preparata al top nella versione Gruppo 2. Vetture che grazie ad un rapporto peso/potenza davvero notevole, un assetto evoluto e pneumatici performanti, ottengono tempi di assoluto rilievo, non molto distanti dalle Turismo da corsa moderne.

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Preparazione top Gr. 2

La vettura che presentiamo in questo servizio, preparata in versione Gr. 2 da Alfa Delta, rappresenta lo stato dell’arte per una Alfa Romeo GTAm in questo allestimento. Una preparazione ai massimi livelli, con una cura quasi maniacale di ogni particolare: dal massimo alleggerimento, per scendere al peso “piuma” di 860 kg (poi compensato con zavorra piazzata ad hoc per raggiungere il peso minimo di 920 kg fissato dal regolamento ARC), alle parti meccaniche, con il motore “testa stretta” da 215 CV abbinato al famoso cambio “Nanni”, fino all’assetto con l’altrettanto famoso “slittone” al posteriore.

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Una vettura che, pilotata da Roberto Restelli (titolare Alfa Delta) e dallo svizzero Peter Bachofen, si è imposta nella propria categoria piazzandosi al secondo posto assoluto dell’Alfa Revival Cup 2023. A tal proposito va precisato che mentre l’ordine d’arrivo delle singole gare vede svettare le GTAm,  la classifica generale viene stilata applicando un “indice di performance” che tiene conto del periodo di costruzione della vettura. Infatti, la vittoria assoluta della serie dedicata ai Biscioni da corsa è andata alla mitica GTA 1600, sempre gestita da Alfa Delta e pilotata dallo svizzero Michael Erlich. 

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Denominazione contesa

Ma partiamo dalla storia della GTAm. Nel 1967 l’Autodelta inizia lo sviluppo di una versione da competizione della 1750 GT Veloce con l’intenzione di farla debuttare nel 1969 nei campionati Turismo. Questo particolare modello, in versione Europa (serie 105.44) dotata di carburatori ma soprattutto in versione America (serie 105.51) a iniezione, fu scelto perché l’allegato J consentiva di utilizzare il sistema di alimentazione a iniezione solo se questo era in dotazione sulla vettura di serie, come nel caso del modello esportato in America che, appunto, montava una iniezione Spica. Anche se a dirla tutta pure molte vetture europee la montavano. Infatti, la gran parte delle circa 40 vetture indicate come realmente prodotte in Autodelta erano derivate dalla serie europea e solo alcune da quella americana. A queste se ne uniscono altre realizzate da preparatori privati con i kit messi a disposizione dall’Autodelta, per un totale che dovrebbe sfiorare la cinquantina di esemplari che si possono definire “originali” perché dell’epoca. Originalità sempre relativa, perché trattandosi di auto da competizione negli anni di corse hanno subito continue modifiche ed evoluzioni, anche in funzione del tipo di corse a cui erano destinate: dai motori con i carburatori all’alimentazione a iniezione indiretta, dalla testata a doppia accensione a quella definita “stretta” per l’angolo delle valvole ridotto a 65°, fino ai pistoni modificati che consentono di portare il rapporto di compressione a 11:1.

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Nel 1970 cresce anche la cilindrata, che viene portata dai 1.779 a 2.000 cc per competere nel Campionato Europeo Turismo Gruppo 2, dove la classe maggiore ammette vetture spinte da motori 2.0 litri prodotte in almeno 1000 esemplari. Le potenze salgono così da 200 a 220 CV. Naturalmente, date le potenze in gioco, i tecnici Autodelta lavorano anche sull’assetto, con l’allargamento delle carreggiate e montando cerchi ruota da 13”, dato che all’epoca gli unici pneumatici da competizione disponibili erano quelli realizzati in quelle dimensioni per le monoposto, con canale da 9” fino a 10”, da qui il conseguente allargamento della carrozzeria con l’applicazione di parafangoni in vetroresina, oltre all’adozione del famoso “slittone” al posteriore che, stabilizzando il ponte posteriore e contribuendo a mantenere a terra entrambe le ruote posteriori a vantaggio anche della trazione, aveva già fatto la differenza con la GTA.

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Per quanto riguarda l’acronimo “GTAm”, denominazione ufficialmente presentata alla FIA con la fiche di omologazione dalla Alfa Romeo, il dilemma non è mai stato ufficialmente risolto: la gran parte degli esperti di marca, piloti ed ex meccanici, indicano che “Am” starebbe per America, mentre altre fonti altrettanto accreditate sostengono che l’acronimo “Am” significherebbe “Alleggerita”, come per la GTA (che però aveva la carrozzeria in Peralluman rivettata sulla scocca in acciaio), e “maggiorata” nella cilindrata. Nel dubbio, noi propendiamo per questa seconda ipotesi, non fosse altro che per il fascino mozzafiato delle sue curve giunoniche, da autentica diva “maggiorata” stile “bella vita”. Fatto sta che le GTAm sbancano l’Europeo Turismo facendo il bis titolato negli anni 1970 e 1971, dopo di che lo sviluppo sarà abbandonato per l’inizio del programma Alfa Romeo nei Prototipi con la 33.

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Leggera e rigida

La preparazione della vettura Alfa Delta è partita dalla scocca di una GTV 2.0 del 1972, termosverniciata e leggermente sabbiata per rimuovere i residui dalla lamiera viva, sia per verificare l’integrità dei lamierati sia per agevolare i successivi interventi di saldatura. Per garantire il perfetto allineamento e mantenimento delle quote durante i successivi lavori di irrigidimento, la scocca è stata fissata sul banco dima. Come ulteriore verifica sono stati staccati i fascioni sottoporta, uno dei punti “sensibili” all’interno dei quali spesso parte il processo di corrosione favorito da residui di umidità, sostituiti con particolari nuovi. Quindi è stato risaldato l’accoppiamento dei lamierati, aggiunti rinforzi nelle parti più sollecitate, tra cui gli attacchi della scatola dello sterzo, delle sospensioni e del ponte posteriore; quindi, eseguite le modifiche all’interno del vano motore e bagagli, oltre a tagliare i parafanghi per applicare quelli maggiorati in vetroresina.

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Sulla scocca, nel vano motore, è stata apportata anche una modifica atta ad ospitare una successiva versione del motore dotato di iniezione meccanica. Ad irrigidire tutto l’insieme ha contribuito anche la nuova gabbia di sicurezza in cromo molibdeno, più leggera e rigida, direttamente saldata in sei punti alla scocca.

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Nella fase di irrigidimento della scocca è determinante non andare a gravare troppo sul peso; quindi, si è cercato di compensare il peso aggiuntivo dovuto ai rinforzi alleggerendo tutto l’insieme lavorando sulle parti meno soggette a sforzo e asportando tutte quelle non necessarie all’utilizzo in corsa, come paratie e supporti vari. Inoltre, sono state montate portiere e cofano posteriore in alluminio, mentre il cofano motore è in vetroresina e le superfici vetrate laterali e lunotto in lexan. Il parabrezza, in vetro come richiesto dal regolamento, è realizzato in multistrato termico con serpentina all’interno per evitare l’appannamento. 

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Impianto elettrico aeronautico

L’assemblaggio della vettura è iniziato con il posizionamento dei tubi, tutti ad alta tenuta con treccia esterna metallica e connessioni di tipo aeronautico, dei vari circuiti, idraulici per quanto riguarda alimentazione, lubrificazione e freni, così come dei cavi e accessori dell’impianto elettrico. Questo è stato realizzato ex novo utilizzando cavetti argentati, di sezione e peso minore grazie all’ottima conducibilità, con fusibili a riarmo e connettori di tipo aeronautico, in modo tale che possano essere rapidamente asportati e poi ricollegati i vari elementi, tipo console o cruscotto, lasciando posizionato tutto il resto dell’impianto. L’impianto è completato dalla console, posta sul tunnel centrale, che raggruppa i pulsanti delle varie funzioni e lo staccabatteria.

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Inoltre, per garantire la necessaria energia anche in caso di massimo sforzo è stato montato un alternatore di nuova generazione con capacità maggiore (90 A), mentre la batteria a gel è stata spostata al posteriore, in posizione centrale, per ottimizzare la distribuzione dei pesi. Infine, il cruscotto in vetroresina ospita una strumentazione completa: oltre al contagiri Stack con memoria, strumenti di pressione olio, temperatura acqua e olio, voltmetro e sonda lambda per verificare la correttezza della carburazione, scollegata in qualifica e gara come richiesto dal regolamento.

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Sospensioni alleggerite e ottimizzate

Le sospensioni mantengono schema e punti di attacco come in origine, pur con diverse modifiche e lavorazioni per diminuire il peso e aumentare la funzionalità. I trapezi anteriori, originali così come le boccole di ancoraggio, sono stati alleggeriti tramite fori e poi verniciati a polvere o zincati. I bracci superiori sono stati modificati per consentire la regolazione della campanatura, mentre i bracci di regolazione dell’incidenza rimangono originali.

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La barra antirollio maggiorata, disponibile con tre differenti tipi di carico, è collegata al trapezio tramite uniball. I mozzi anteriori, che alloggiano cuscinetti SKF, sono stati realizzati ex novo in Ergal. Gli ammortizzatori sono Bilstein, realizzati in esclusiva da NTP per OKP con tarature specifiche e regolazione singola, abbinati a molle Eibach del diametro di 60 mm separate, con adattatori in Ergal di fissaggio al piattello originale.

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Il corpo centrale della scatola guida è stato realizzato dal pieno, dato che quello originale in alluminio è soggetto a rotture per l’eccessivo sforzo, mentre il meccanismo interno rimane originale. Il braccio di rinvio centrale dello sterzo è stato realizzato ex novo e piegato, così come i tiranti laterali sono stati realizzati ex novo dal pieno con sezione esagonale per velocizzare le operazioni di regolazione, così come sono state modificate le leve dello sterzo per evitare il contatto con la parte interna dei cerchi ruota, da 9J x 13”.

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“Slittone” al posteriore

Al posteriore rimane lo schema a ponte rigido ma con alcune sostanziali modifiche. Sulla parte posteriore della scatola differenziale è stata fissata una piastra che integra il perno di scorrimento nella guida dello “slittone”, che evita lo scuotimento laterale del ponte e mantiene a terra entrambe le ruote posteriori a vantaggio anche della trazione.

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I puntoni longitudinali sono stati alleggeriti, tramite fori, e risaldati per aumentare la rigidità, inoltre l’ancoraggio ora avviene tramite uniball. Nella parte inferiore della scocca sono stati saldati due punti di attacco per la barra antirollio, collegata ai puntoni tramite biellette e uniball. Al posteriore le molle Eibach, da 70 mm di diametro, sono coassiali agli ammortizzatori.

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Frenata regolabile

La vettura ha una pedaliera con ancoraggio dei pedali in basso, così come le doppie pompe freno AP Racing, con possibilità di regolazione della ripartizione della frenata sui due assi tramite registro posto sul bilanciere collegato ai due puntali.

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Inoltre, c’è un regolatore della forza frenante al posteriore per evitare eventuali bloccaggi. Le pinze anteriori Ate (tipo Porsche 911S) sono state modificate, realizzando appositi pistoncini in Ergal con distanziale in ceramica per non trasmettere il calore all’olio del circuito, oltre a poter utilizzare pastiglie freno Pagid di maggiore spessore. Inoltre, dato che per regolamento il disco freno autoventilato (da 250x22 mm) e la campana devono essere un pezzo unico, è stato fatto un accurato lavoro di centratura del fissaggio della pinza sul fusello, in modo tale che la stessa operi in perfetto accoppiamento con il disco. Infine, sono state montate colonnette di ultima generazione, alleggerite e con dadi di fissaggio in Ergal. Al posteriore disco e pinza freno rimangono originali.

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Motore “testa stretta”

Per la preparazione del motore si è partiti dal tradizionale basamento motore 2.0 litri, la cui omologazione, da alcuni anni a questa parte, ha evitato di dover utilizzare il basamento 1750, sul quale per aumentare la cilindrata veniva inserita la struttura monocanna in fusione per le canne cilindro cosiddetta “salamino” che, però, comportava una serie di problematiche. Il motore è stato completamente smontato e inviato in rettifica per i classici lavori di ripristino piani, barenatura, bilanciatura albero motore con volano, alleggerito in acciaio e blocco frizione con piatto in alluminio e monodisco sinterizzato, e verifica passaggi olio e liquido di raffreddamento.

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Quindi sono stati sostituiti i prigionieri e montate nuove bielle in acciaio, con disegno originale, e pistoni stampati realizzati su disegno Alfa Delta, differenti rispetto al motore tradizionale soprattutto nel profilo del cielo dato che la “testa stretta” ha una camera di scoppio dal disegno più piatto, oltre alla pompa dell’olio perché aziona anche lo spinterogeno a doppia accensione, con sensori in luogo delle puntine. Oltre al differente angolo delle valvole, ridotto rispetto all’originale, queste sono realizzate in Nimonic e hanno anche un diametro del fungo differente per quanto riguarda lo scarico, mentre rimane invariato all’aspirazione. Dopo i primi esemplari di motori “testa stretta” dotati di carburatori DCOE da 45, Alfa Delta è passata a quelli da 48, realizzando appositi supporti ricavati dal pieno, come per i tromboncini, e collettori in acciaio inox.

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L’impianto di scarico è composto da collettori singoli in acciaio inox, appositamente realizzati per la differente angolazione di fissaggio alla testata, che si raccordano con il tubo centrale, del diametro di 60 mm, e terminale con uscita posteriore.

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Queste evoluzioni hanno fatto la differenza, consentendo di arrivare ad una potenza massima di 215 CV a 7.200 giri/min ma soprattutto ad una più corposa erogazione della coppia con un picco di 239 Nm a 5.300 giri/min. Per contro, la versione “testa stretta” richiede una maggiore frequenza di revisione, perché date le caratteristiche base del motore Alfa Romeo, corsa lunga (88,5 mm), al massimo regime di giri il pistone ha una velocità media elevata.

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Cambio “Nanni”

Per il cambio è stata scelta la cosiddetta versione “Nanni”, sviluppata a suo tempo su indicazione di Nanni Galli. La particolarità di questa versione, sempre a cinque marce a innesti frontali, è quella di avere i primi tre rapporti leggermente più lunghi rispetto a quelli del tradizionale cambio MA ma più vicini tra loro, in modo tale da limitare la caduta di giri durante il passaggio di rapporto, così come rimane più vicina la 4^ marcia, uguale al cambio MA, mentre la 5^ marcia è leggermente più corta. Tuttavia, della 5^ marcia esistono tre differenti rapporti.

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A seguito dell’incremento prestazionale, dovuto anche al grip garantito dagli pneumatici di nuova generazione, il cambio è diventato uno degli “anelli deboli” della catena, tanto da necessitare l’apertura per verifica con scadenze più frequenti. Per ottimizzare la manovrabilità sono state fatte alcune modifiche sia alla leva di azionamento sia alle aste di comando. Inoltre, dato che ad ogni passaggio di rapporto il cambio “scarica” il colpo sull’albero di trasmissione, ricostruito come l’originale mantenendo anche le crociere, e scatola differenziale, la parte superiore di fissaggio di quest’ultimo, in origine in alluminio, è stata rifatta in acciaio. Il differenziale è dotato di autobloccante a lamelle, regolabile in rilascio e accelerazione, e può contare su cinque differenti rapportature: la più utilizzata è 10/41, ideale per i maggiori tracciati italiani come Monza, Imola e Mugello.

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Distribuzione ottimale dei pesi

Per garantire la massima autonomia anche per le gare endurance, è stato realizzato un apposito serbatoio da 80 litri in alluminio con spugna interna, alloggiato nel vano ruota di scorta così da mantenere il baricentro in basso. Questo è abbinato a doppie pompe elettriche, azionate singolarmente e posizionate nella parte inferiore della scocca, come sulla GTA, che pescano benzina direttamente dalla parte inferiore del serbatoio, a sua volta svasato con una sorta di piccolo contenitore, così da garantire il pescaggio di tutta la benzina contenuta.

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A completare la dotazione di bordo, sedile e relative cinture racing, volante racing ed estintore brandeggiabile. Come illustrato, in fase di preparazione della vettura è stata posta particolare cura anche all’alleggerimento di tutti i particolari ove possibile, realizzando allo scopo molte parti speciali, tra cui la plancia in vetroresina. Ne è risultata una vettura “dimagrita” fino a 860 kg, ben al di sotto del peso minimo fissato in fiche a 920 kg, questo ha consentito di piazzare i 60 kg di zavorra nella posizione ideale per ottimizzare il bilanciamento generale della vettura, ottenendo un abbassamento del baricentro e la perfetta parità laterale, con peso medio del pilota a bordo, e un ottimo rapporto del 55%-45% tra anteriore e posteriore. 

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Tanta roba!

Abbiamo testato la vettura sul circuito Tazio Nuvolari di Cervesina (PV), che lungo i suoi 2.805 mt. distribuisce una varietà di curve ideali per verificare il comportamento di una vettura nelle varie situazioni, così come un rettilineo di 720 mt. dove lasciare libero sfogo alla cavalleria.

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Tramite la regolazione, in lunghezza, del sedile troviamo la posizione di guida ideale, non troppo sprofondata, con tutti i comandi a portata di mano e un’ottima visuale. La partenza è agevole, grazie alla frizione perfettamente modulabile. Già dai primi metri il bialbero “testa stretta” del Biscione si fa apprezzare per la spinta corposa in accelerazione e l’allungo deciso e costante, perfettamente coadiuvato dal cambio rapido e preciso, sia in salita di rapporto sia in scalata dove “digerisce” bene le marce, che grazie ai primi quattro rapporti ravvicinati evita cadute di giri nei passaggi di marcia. Il tutto accompagnato da un sound non invadente ma davvero godurioso all’interno dell’abitacolo.

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La frenata è potente, anche se al tatto il pedale non è granitico, trasmettendo un leggero effetto pompa; una sensazione causata dalla pedaliera con attacco inferiore. L’ingresso in curva è preciso, con l’avantreno che disegna una traiettoria perfetta e lo sterzo che ci trasmette esattamente quello che stanno facendo le ruote sull’asfalto, così come il retrotreno che grazie allo slittone assicura un’ottima trazione in accelerazione all’uscita delle curve. Solo nel tornatino più stretto si manifesta un accenno di sottosterzo, ma qui si gira davvero tanto. Precisa come tracciata con un compasso, invece, la percorrenza delle curve medie e veloci, senza che si manifestino tentennamenti nei cambi di direzione, sia quello ampio della S veloce sia quello rapido della stretta “Esse” finale.

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A voler fare i pignoli, l’unico appunto che mi sento di fare riguarda un leggero pompaggio al posteriore che si manifesta nella fase di accelerazione percorrendo il tornantone che immette sul rettilineo e che limita la fiducia nello schiacciare decisamente il pedale dell’acceleratore. Almeno sulle prime, poi ci si fa il callo. Anche perché con la taratura unica degli ammortizzatori diventa complicato trovare il compromesso ideale per tutte le situazioni. Insomma, una cosa minima. Per il resto la GTAm 2.0 Gruppo 2 Alfa Delta è davvero tanta roba!

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