La Formula 1 è, da sempre, il vertice dell’automobilismo. La categoria più prestigiosa e più seguita al mondo. Da quando la gestione è in mano a Liberty Media ha aumentato notevolmente i suoi profitti, rendendo tutti i teams partecipanti al Campionato del Mondo delle aziende in grado di produrre utili e con un incredibile valore commerciale.

di G. Mazzullo

20240423 2 news 01 Pirelli
La F1 è il massimo, eppure ha spesso sofferto di periodi in cui la predominanza di un team ha prodotto risultati scontati e gare poco entusiasmanti.

Non è un problema solo di oggi. Gli appassionati di lunga data ricordano il domino della Lotus, quello della Mc Laren e della Williams in cui, per gli avversari la lotta era solo per le posizioni retrostanti. Sicuramente i tifosi ferraristi ricorderanno con piacere l’epoca in cui Schumacher vinceva a ripetizione conquistando i campionati 2000, 2001, 2002, 2003 e 2004 …

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C’é stato poi il primo dominio Red Bull con i titoli 2010, 2011, 2012 e 2013 di Sebastian Vettel a cui ha fatto seguito l’era Mercedes con i titoli 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019, 2020 e, senza un vero “scippo”, ci sarebbe stato anche il 2021 che, invece ha coinciso con l’inizio della seconda era Red Bull, che prosegue tutt’ora.

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L’attuale dominio di Verstappen ricorda quello di Schumacher in cui la mancanza di un vero avversario, nemmeno all’interno del team, rende scontato il risultato finale. Per dire, l’epoca Mercedes ha visto almeno la lotta tra i due piloti titolari con Rosberg in grado anche di sconfiggere Hamilton e, comunque durante il dominio di Schumacher gli avversari erano temibili mentre oggi recitano il ruolo di comparse.

In passato la Formula 1 esprimeva il massimo della ricerca tecnologica per cui, spesso chi introduceva un’innovazione rivoluzionaria si garantiva la supremazia in pista pur se la concorrenza si dimostrava, comunque agguerrita ed in grado di rendere difficile la vita dei più forti. Va anche considerato che, un tempo, l’affidabilità delle vetture era molto scarsa e questo poteva produrre risultati imprevisti. Al giorno d’oggi le rotture meccaniche sono una vera rarità. In tutta la stagione, composta di ben 24 gare, si possono usare solo 4 “power unit” e anche se, in qualche caso si devono usare ulteriori unità (pagando una penalità) significa che l’affidabilità è semplicemente impressionante. Un tempo si arrivavano ad utilizzare anche tre propulsori per gara oggi è normale disputare sino ad 8 eventi con un un’unica unità motrice …

Le vetture odierne sono un incredibile concentrato di tecnologia, con un’elettronica sofisticatissima ed un’aerodinamica assolutamente esasperata per cui, spesso micro interventi comportano notevoli differenze a livello di prestazioni.

L’introduzione del “budget cap” ha ridotto i costi stratosferici di qualche anno fa ma, si parla comunque di cifre incredibili. I teams possono spendere “solo” 140 milioni di dollari a stagione e in questa cifra non rientrano gli stipendi dei piloti e dei principali dirigenti che, spesso ammontano a molti milioni di euro. Negli anni passati i teams più importanti sono arrivati a spendere cifre anche tre volte superiori a quelle fissate oggi.

Nonostante questa notevole disponibilità economica teams come Williams e Alpine si sono presentati al via del Mondiale senza un telaio di scorta e, nel caso della Williams, rimediando una figuraccia per aver dovuto togliere la vettura a Sargeant per darla ad Albon … In altre epoche tutti disponevano di muletti che potevano utilizzare anche durante le prove e le qualifiche …

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Negli ultimi anni la regolamentazione tecnica è divenuta sempre più stringente e se, un tempo si potevano vedere vetture a 12, 10 o 8 cilindri, motori aspirati e turbocompressi (per non parlare dei motori a turbina) ora, quelle che si chiamano “power unit” (l’insieme del motore endotermico ed elettrico con i vari sistemi di recupero e stoccaggio dell’energia) sono praticamente identiche tra loro con differenze minime a livello progettuale. Addirittura, per il propulsore endotermico non c’è solo il vincolo della cilindrata e del frazionamento ma anche dell’angolo delle bancate e della dimensione e posizionamento dell’albero motore, lasciando zero spazio alla fantasia.

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Anche per quanto riguarda gli pneumatici si è passati dalla presenza di più costruttori, in lotta tra loro, ad una mono fornitura (prima Bridgestone e poi Pirelli) con la scelta di una determinata costruzione degli pneumatici in modo da obbligare i piloti a gestirne la resa. In teoria per aumentare lo spettacolo ma, di fatto costringendo ad una gestione degli pneumatici che snatura le prestazioni n gara. Basta pensare che, quasi sempre i migliori tempi in qualifica sono almeno 5/6 secondi più rapidi di quelli espressi in gara e questo significa che le F1 in gara sono costrette a viaggiare molto più lentamente del loro potenziale per non compromettere gli pneumatici.

Se un tempo le differenze tra le qualifiche e la gara erano dovute all’utilizzo di motori, pneumatici e configurazioni specifici per ottenere un tempo ora le vetture sono perfettamente identiche tra qualifiche e gara e, quindi le differenze in termini di prestazioni sono unicamente dovute alla gestione … una vera follia.

Gli pneumatici hanno una fascia di utilizzo estremamente limitata e se la vettura non riesce a metterli in condizione di lavorare in modo ottimale diventa difficilissimo ottenere delle prestazioni valide. In questo contesto il “Budget cap” impedisce interventi sostanziali per modificare un progetto nato “male” così che chi ha (meritatamente) realizzato una vettura più valida degli altri dispone di un vantaggio quasi incolmabile, almeno nel breve termine.

Anche con il budget “calmierato” i costi per far correre le F1 sono, comunque esorbitanti, il tutto per portare in pista vetture, concettualmente simili tra loro. Un tempo si vedevano tantissime soluzioni differenti, basta ricordare la famosa Tyrrell a sei ruote ma anche le vetture con i musi a tutta larghezza al posto dei flaps anteriori o, ancora quelle con la scocca trapezoidale o quelle con i radiatori nel muso, piuttosto che in posizioni differenti nelle fiancate per comprendere che, in passato le vetture potevano essere estremamente differenti tra loro mentre oggi se si togliessero i colori e le scritte si farebbe fatica a distinguerle.

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In questa situazione se uno dei migliori piloti (sarò di parte ma ritengo che Verstappen sia un campione ma non che sia nettamente più forte dei migliori piloti dello schieramento) dispone di una vettura eccezionale, perfettamente calibrata sul suo stile di guida e senza un compagno di squadra in grado di impensierirlo (per capacità o per la volontà del team di non disturbare il loro pupillo) il risultato sono gare poco entusiasmanti, almeno per quanto riguarda la lotta per la vittoria.

Nel corso degli anni la F1, in funzione della variazione delle norme regolamentari, è diventata sempre più grande e pesante. Le vetture attuali sono lunghe quasi 5 metri e mezzo e sono larghe 2 m, con un peso che sfiora gli 800 Kg !! A titolo di paragone negli anni ’90 erano lunghe meno di 4,5 m e pesavano poco più di 500 Kg. (una Mercedes serie “S” è lunga 5,179 m, un Ducato della FIAT è lungo, al massimo, 5,36 m) Praticamente le F1 attuali hanno le dimensioni di un furgone con prestazioni allucinanti. È incredibile che i piloti riescano a girare con vetture così ingombranti e pesanti in circuiti come quello di Monaco.

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Contemporaneamente si assistono a gare in altre categorie che sono appassionanti ed incerte nel risultato.

Il Mondiale Endurance (WEC) vede i prototipi, espressione di grandi case automobilistiche (Toyota, Ferrari, Porsche, Peugeot, BMW, Cadillac, Alpine, Lamborghini e Isotta Fraschini) confrontarsi con una moltitudine di soluzioni tecniche differenti. A parte la bellezza delle vetture, pur trattandosi di gare di durata, si può assistere a competizioni combattute e dal risultato imprevedibile. Anche le vetture del WEC possono utilizzare delle “power unit”, ma vi sono propulsori V8 aspirati contro V8 e V6 turbo con soluzioni aerodinamiche estremamente differenti tra loro. Anche nel WEC esiste un limite di budget che consente di disputare un campionato con cifre inferiori ai 30 milioni di euro. Capitale notevole ma che corrisponde ad un quinto di quello necessario per correre in F1 (ovviamente occorre tenere presente che la F1 disputa 24 GP mentre il mondiale Endurance è composto di solo 8 gare anche se, tra queste c’è la 24 heures du Mans che richiede un impegno organizzativo eccezionale). Accanto ai prototipi corrono le vetture GT3 che forniscono uno spettacolo altrettanto entusiasmante (ovviamente con costi molto inferiori).

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L’Indycar che è il massimo campionato di vetture monoposto americano, utilizza un unico fornitore per quanto riguarda i telai (realizzati da Dallara, un vero orgoglio italiano) e due differenti produttori di motori (Honda e Chevrolet) con le stesse caratteristiche (V6 2,2 litri turbo). Nel corso della stagione 2024 verrà anche introdotta un’unità ibrida (uguale per tutti) che consentirà un surplus di potenza. Pur essendo, concettualmente contrario ai campionati mono marca, bisogna dire che questa soluzione consente un notevole contenimento dei costi tanto che il budget per schierare una monoposto Indycar varia tra i 7 e gli 11 milioni di dollari. Anche in questo caso si tratta di cifre notevoli ma infinitamente più bassa rispetto a quello della F1. Il campionato USA è composto di 17 gare, su circuiti permanenti, cittadini, ovali e superspeedway (tra cui la mitica 500 miglia di Indianapolis) che richiedono configurazioni estremamente differenti a seconda del tipo di tracciato.

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Le gare Indycar vedono, ovviamente la prevalenza dei teams più forti sotto il profilo economico ed organizzativo ma, a parte che i teams più forti sono almeno tre (Ganassi, Penske e Andretti) spesso anche i teams di seconda fascia riescono ad emergere e le gare sono quasi sempre estremamente combattute e spettacolari.

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Sicuramente la F1 è in grado di sviluppare le prestazioni più elevate ma questo non corrisponde ad una garanzia di spettacolo in pista, anzi …

Il Circuit Of The Americas ha visto, negli anni la presenza della F1, Indycar, WEC e anche MotoGp. La tabella sottostante rende un’idea della differenza di prestazioni, a parità di tracciato:

ANNO

CATEGORIA

QUALIFICHE

GARA

2023

FORMULA 1

1’34”723

1’38”139

2019

FORMULA 1

1’33”160

1’38”169

2019

INDYCAR

1’46”018

1’48”895

2019

WEC

1’47”387

1’49”503

20171

WEC

1’44”656

1’47”149

2024

MOTOGP

2’00”864

2’02”575


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: Nel 2017 i prototipi del WEC erano vetture LMP1, molto più veloci delle odierne Hypercars

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Se è evidente quanto la F1 sia più veloce di tutte le altre categorie è altrettanto chiaro che questo non significa che sia anche la più spettacolare. Non a caso la MotoGP, pur girando in tempi nettamente più alti di tutte le altre categorie produce gare estremamente entusiasmanti.

In conclusione, da appassionato di motorsport, devo dire che la Formula 1, in particolare ai giorni nostri, rimane l’eccellenza del motorismo a livello di prestazioni ma, prevalentemente a causa dei regolamenti, finisce per essere una categoria in cui lo spettacolo in pista è mortificato dalla capacità tecnica di chi le realizza. Di fatto chi riesce ad interpretare meglio le norme dispone di un vantaggio tecnico quasi incolmabile che finisce per andare a discapito della competizione.

Il confronto con le altre categorie ai vertici dell’automobilismo quali il WEC e la Indycar è quasi impietoso perché, pur con un budget che è una minima parte di quello della Formula 1, riescono a produrre gare estremamente più avvincenti.

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La speranza è che, le norme del 2026 possano vedere delle monoposto più piccole e meno dipendenti dal funzionamento degli pneumatici ma, da quanto si sa ad oggi, per la volontà d’inseguire la moda dell’elettrificazione, temo che difficilmente si avrà un ritorno ad una categoria in cui il pilota potrà tornare ad essere l’elemento principale e che le gare di durata (solo nel nome dato che ormai si tratta di gare sprint di 6, 8 o 24 ore) e Indycar continueranno a fornire molto più spettacolo in pista …