Abbiamo provato la Porsche 911 3.0 RSR realizzata, in versione Gruppo 4, dalla KAA Racing di Lainate per le gare in salita. La vettura viene messa a disposizione di gentleman driver per le gare ma anche di appassionati che vogliono provare, magari con l’ausilio di un coach driver, l’ebbrezza dei 300 CV duri e puri pilotando una storica di razza. Prima del test siamo passati nell’officina di Lainate per vedere com’è fatta nei dettagli.

 

Di Eugenio Mosca – Foto Dario Pellizzoni

 

Una delle vetture più utilizzate nelle gare di autostoriche, nelle varie specialità (Velocità, in pista e salita, e rally), è la Porsche 911 3.0 RSR. Perchè oltre all’indubbio fascino, completato da un sound da pelle d’oca, a quasi mezzo secolo dalla sua nascita la GT di Stoccarda rimane tuttora una vettura vincente. D’altronde l’acronimo della sua sigla RSR (Renn Sport Racing) non lascia dubbi sul suo DNA. Per le sue caratteristiche tecniche, che vedremo successivamente, oltre che per la sua esclusività dato che ne furono realizzati solo 49 esemplari all’epoca, oggi la 911 RSR è una delle vetture più ricercate dai collezionisti, raggiungendo quotazioni da record. Perciò la quasi totalità delle vetture di questo modello che vediamo oggi impegnate nelle varie gare sono delle repliche, fedeli alle caratteristiche tecniche del modello originale definite nella fiche di omologazione, come l’esemplare di questo articolo.

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Nata per correre

La prima 911 RS risale al 1972, con motore 2.7 litri da 210 CV. Partendo da questa base, un anno dopo, la casa di Stoccarda decise di omologare un motore 2.8 litri per la categoria Gruppo 4 GT. Il classico sei cilindri boxer, portato a 2,8 litri ed elaborato utilizzando nuovi alberi a camme, pistoni ad alta compressione e nuove testate con valvole maggiorate e doppie candele di accensione arrivò ad erogare una potenza massima di 300 CV, più di 100 CV litro che per l’epoca era davvero notevole, che abbinati ad un peso di soli 890 kg, ottenuto con una cura maniacale di alleggerimento, garantiva uno scatto da 0 a 100 km/h in soli 0.4 secondi. Naturalmente fu adeguato anche l’impianto frenante, utilizzando dischi freno e pinze derivate da quelle della 917, e l’assetto, ampliando le carreggiate e adottando cerchi ruota da 9” all’anteriore e 11” al posteriore, per contenere i quali fu necessario l’allargamento dei parafanghi. Questa micidiale arma mantenne in pieno le premesse, vincendo al debutto la 24 Ore di Daytona 1973, davanti a vetture GT e Prototipi più potenti, ripetendosi poco dopo alla 12 Ore di Sebring e alla Targa Florio.

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Leggera e resistente

Per realizzare la 911 3.0 RSR “replica” del nostro servizio, i tecnici della KAA Racing di Lainate sono partiti, come da tradizione, da una 911 2.7 stradale del 1977. La vettura è stata completamente smontata, così da ottenere la scocca nuda da lavorare e, separatamente, la meccanica da sostituire o modificare, eliminando tutto il resto. La scocca è stata completamente sverniciata, a calore, così da verificare lo stato dei lamierati, in buone condizioni, ma soprattutto per arrivare alla lamiera viva in modo tale da poter procedere ai successivi lavori di alleggerimento e irrigidimento.

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Innanzitutto sono state asportate tutte le staffe, supporti e paratie non necessari all’utilizzo racing, così da alleggerire il più possibile la struttura, passando poi al lavoro di irrigidimento tramite la risaldatura dell’accoppiamento dei lamierati, e aggiunta di “fazzoletti” in lamiera, soprattutto nelle aree più sollecitate.

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Tra queste, il tunnel centrale, i longheroni laterali, l’attaccatura dei parafanghi anteriori e dei passaruota posteriori, i vani anteriore e posteriore, con particolare riguardo a quest’area più sollecitata dato che su di essa grava la maggior parte del peso oltre a subire il maggiore sforzo per la trazione nello scaricare la notevole potenza, nella zona dei punti di attacco motore e sospensioni. Infine è stata applicata la gabbia di sicurezza fissata, imbullonata e saldata, in sei punti, che lega il pianale ai passaruota posteriori, oltre ad avere anche le barre laterali, mentre all’anteriore è stata applicata una barra, smontabile, che lega i duomi ulteriormente rinforzati.

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La carrozzeria è stata modificata tramite l’applicazione di un diverso paraurti anteriore, che presenta una bocca centrale per portare aria al radiatoro olio e due prese d’aria laterali (non utilizzate nelle gare in salita) per il raffreddamento dei freni tramite appositi condotti. I parafanghi sono maggiorati, per ospitare le ruote di dimensioni maggiori (9Jx15” anteriori e 13Jx15” posteriori) e le carreggiate più ampie.

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 A completare l’aspetto muscoloso, oltre all’efficienza aerodinamica, il cofano motore motore che integra la generosa ala posteriore. Tutte parti che fanno parte di kit che si trovano in commercio. Sempre per limitare il peso, soprattutto nella parte alta quindi particolarmente deleterio, le superfici vetrate sono state sostituite con altre in lexan, mentre come prescrive il regolamento il parabrezza rimane in vetro stratificato. Grazie alla cura dimagrante, e nonostante il materiale di rinforzo della scocca, il peso generale della vettura è stato contenuto in 980 kg, poco più del peso minimo consentito in fiche (950 kg) del Gr. 4, 4° Raggruppamento Peirodo J.

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Assetto regolabile

Le sospensioni mantengono lo schema originale, MacPherson all’anteriore e bracci longitudinali al posteriore. I trapezi anteriori mantengono le dimensioni originali, mentre prima il regolamento consentiva l’allungamento, ma sono rinforzati e per l’allargamento delle carreggiate sono state allungate le “orecchie” dei punti di attacco, oltre ad un distanziale di 10 mm e l’aumento dell’ET dei cerchi ruota da 9Jx15”.

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Al posteriore il braccio longitudinale è stato rinforzato nel punto di attacco del portamozzo, con un anello in lamiera, oltre ad essere leggermente modificato anche nella parte posteriore con la realizzazione del castelletto di attacco del gruppo ammortizzatore e molla coassiale.

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Inoltre i puntoni posteriori hanno una modifica grazie alla quale si può regolare la convergenza. L’allargamento della carreggiata è completato da distanziali di 30 mm e dall’ET dei cerchi ruota da 13Jx15”. L’ancoraggio dei bracci sospensione avviene tramite boccole rigide. Le tradizionali barre di torsione che sulla vettura stradale svolgono il lavoro delle molle, sono state sostituite da molle racing elicoidali coassiali agli ammortizzatori, Biltein con regolazione singola della compressione ed estensione (come da fiche), sui quali possono scorrere (sul fodero filettato) le ghiere di fissaggio delle molle attraverso le quali regolare precarico molle e altezza da terra della vettura. In alcuni casi si può utilizzare anche la doppia soluzione con barre di torsione e molle, ma nello specifico si è preferito avere un assetto più fruibile dato l’utilizzo della vettura per le gare in salita.

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La sospensione anteriore mantiene la barra antirollio, come in origine. L’impianto frenante è dotato di doppie pompe con bilanciere per la regolazione della ripartizione della frenata sui due assi, dischi autoventilati e forati da 300 mm accoppiati a pinze di derivazione 917, il tutto collegato tramite tubi ad alta tenuta con treccia metallica esterna.

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Privilegiata la coppia

Partendo dalla base di un motore 3.0 litri è stata eseguita la preparazione secondo le specifiche del Gr. 4. Innanzitutto sono state sostituite le testate con altre adibite alla doppia accensione. Di conseguenza sono stati montati uno spinterogeno modificato, doppie centraline di gestione e doppie bobine, mentre la pompa meccanica di iniezione Bosch è stata adeguata per garantire l’adeguata portata di benzina.

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L’albero motore è stato alleggerito e bilanciato, insieme al volano a sua volta alleggerito, le bielle sono state sostituite con altre speciali così come i pistoni, dal profilo superiore differente per adattarsi alla differente camera di scoppio assicurando maggiore compressione. Anche le valvole sono di tipo maggiorato, così come gli alberi a camme hanno un incrocio più spinto, privilegiando l’erogazione della coppia ai bassi regimi dato che la vettura è destinata principalmente alle gare in salita. Infine sono stati realizzati scarichi speciali, con i tre collettori di ogni bancata che convergono nei rispettivi terminali. Per la cronaca sono disponibili anche un’altra tipologia di scarichi, con tubo di compensazione tra le due bancate e uscita singola centrale.

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Il raffreddamento rimane ovviamente ad aria, ma è stato potenziato il raffreddamento dell’olio tramite l’adozione di un radiatore anteriore che si aggiunge al tradizionale scambiatore. Preparato secondo le specifiche del Gr. 4, il 6 cilindri 3.0 litri boxer di Stoccarda eroga 300 CV a 7.000 giri/min, con una coppia di oltre 350 Nm. Per il cambio si è scelto di mantenere la scatola in alluminio, perché quella disponibile in magnesio è piuttosto delicata, mentre la meccanica interna è stata rivista con i cinque rapporti ravvicinati, in base alla fiche, così com’è stata modificata la torretta per favorire il corretto inserimento delle marce. La frizione è di tipo racing, alleggerita con ragno rinforzato, senza parastrappi, e monodisco in materiale sinterizzato. La trasmissione è completata dal differenziale  autobloccante meccanico regolabile, a dischi, e dai semiassi maggiorati sia come diametro asta sia come innesti interni.

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Provare per credere

Con l’ausilio degli immancabili cuscini, dato che il sedile è fissato e non su guide scorrevoli (come da regolamento), adeguiamo il posto di guida alle nostre esigenze. Ne risulta una seduta leggermente più alta di quella che avremmo utilizzato in una pista “tradizionale”, ideale per avere una buona visibilità del fondo stradale su un percorso in salita e nella parte mista del tracciato di Castelletto di Branduzzo, che lo replica bene.

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Pigiato il pulsante di avviamento, l’abitacolo viene riempito dalla “musica” del sei cilindri boxer tedesco: un sound inizialmente soffuso, che diventa sempre più coinvolgente man mano che la lancetta sale sulla scala del contagiri. La partenza è agevole, grazie alla frizione modulabile, e già nei primi metri possiamo apprezzare la precisione e manovrabilità del cambio, così come la prontezza nella risposta del motore. D’altronde la messa a punto per le gare in salita ha privilegiato la spinta fin dai bassi regimi, pur mantenendo una erogazione fluida: sopra i 3.500 giri la spinta è corposa e il motore sale rapidamente, con un allungo e un sound che trasmettono piacere puro, fino alla soglia dei 6.500 giri dove effettuiamo la cambiata. L’elasticità del motore si fa apprezzare sopratutto nel tratto misto della pista pavese, consentendo una buona conduzione della vettura anche nei tratti di curva e cambi di traiettoria dove occorre parzializzare l’acceleratore.

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Una guidabilità favorita anche dall’assetto non estremo della Porsche 911 KAA Racing, come detto improntato ad una certa “sincerità” dato l’utilizzo, che vanta un inserimento preciso e una buona percorrenza sulle curve medie ed i tornantoni. Va infatti precisato che date le caratteristiche del tracciato di Castelletto di Branduzzo, mancano curve o esse veloci, almeno riferite al potenziale della vettura in questione, dove verificare precisione e percorrenza a velocità elevate. Lo stesso dicasi per quanto riguarda la frenata: l’impianto frenante Porsche è storicamente all’altezza della situazione e per quanto abbiamo potuto provare si è dimostrato consistente e preciso nelle staccate fino a velocità medie, mentre manca una staccata di quelle toste dove si arriva a velocità sostenuta e bisogna pinzare con decisione. Ma nonostante questo, il divertimento è stato grande. Provare per credere!  

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